
5 luglio 2019
Venosa è una piccola città che si trova in un terreno arido in una parte sperduta del sud Italia. Tuttavia, la città è sede di un ricco tesoro di beni culturali ebraici, tra cui delle catacombe, che fanno un’importante luce sulla vita ebraica durante l’epoca dell’antica Roma e l’alto medioevo.
A luglio Ruth Ellen Gruber, direttrice di JHE, ha visitato Venosa ed i suoi principali luoghi ebraici, i quali attualmente fanno parte di un progetto di sviluppo e valorizzazione chiamato: “Venosa: Capitale Ebraica del Sud 2020” promosso dalla Fondazione per i Beni Culturali Ebraici in Italia, in collaborazione con enti statali, regionali, nonché istituzioni accademiche.
I siti d’interesse turistico presenti a Venosa includono vaste catacombe ebraiche risalenti ai secoli IV-VI, ed un immenso, anche se mai terminato, complesso religioso cristiano per la cui costruzione, tra l’XI ed il XII secolo, vennero utilizzati, tra l’altro, materiali provenienti da un cimitero ebraico abbandonato del IX secolo. Inoltre, il museo archeologico cittadino, ospitato nel castello, ospita una mostra permanente su antiche iscrizioni ebraiche d’epoca romana provenienti dalla Basilicata e dalla Puglia.
Situata nella regione Basilicata, a circa 170 chilometri a sud di Napoli, Venosa era conosciuta in epoca romana col nome di Venusia e rappresentava un importante crocevia commerciale, nonché città natale del celebre poeta romano Orazio. Prove archeologiche dimostrano che durante l’epoca romana la cittadina lucana contasse una considerevole popolazione ebraica, la quale era ben integrata nella società locale.

Le catacombe sono il luogo ebraico più importante e conosciuto di Venosa, e sono oggi al centro di un progetto di sviluppo a lungo termine che ha, tra i vari, l’obiettivo di documentarle completamente (usando, tra le varie, tecnologia laser e digitale), di conservarle, e di sviluppare il sito per il turismo.
A Giugno, il Ministero della Cultura italiano ha annunciato un finanziamento di 2.5 milioni di euro, che saranno principalmente volti alla conservazione.
Lungo l’itinerario che porta attraverso la parte principale delle catacombe, sono già stati posti pannelli informativi.
Scolpite nella soffice roccia tufacea sotto la collina della Maddalena, le catacombe sono state scoperte casualmente nel 1853.
Le catacombe si sviluppano in un’ampia rete di passaggi, su tre corridoi principali, su più di un livello, e mostrano più di una tipologia di sepoltura. Tra queste vi sono:
sepolture a loculo disposte lungo le pareti o a terra; altre tumulazioni sono organizzate in cubicoli (tombe a camera con molteplici sepolture) e arcosoli (loculi ricavati in un nicchia sormontata da un arco).
Tra gli anni ’70 e ’80 del secolo scorso hanno avuto luogo gli scavi archeologici principali di questo sito, i quali hanno mostrato che, accanto a quelle ebraiche, erano presenti anche catacombe cristiane.

Gli scavi hanno svelato circa 75 iscrizioni, scritte in greco, latino ed ebraico, oltre che disegni di simboli ebraici, come la Menorah, il Lulav, l’Etrog e lo Shofar.
Lo studioso Giancarlo Lacerenza, dell’Università di Napoli, ha da poco pubblicato un lungo articolo sulle iscrizioni in questioni, dal titolo: “Painted Inscriptions and Graffiti in the Jewish Catacombs of Venosa: An Annotated Inventory” (in Annali Sezione Orientale, vol. 79, 1-2 (2019), pp. 275-305).

Iscrizioni ebraiche più recenti possono essere ammirate anche nel grande complesso della Chiesa Incompiuta, ai margini del parco archeologico di Venosa.
Il complesso si compone di due principali fabbricati: la chiesa antica con foresteria, costituita dall’edificio paleocristiano, trasformato e ampliato in particolare in epoca longobarda e normanna (X – XI sec.), e la chiesa nuova (XI – XII sec.), mai ultimata e per questo nota con il nome di “Incompiuta”.

Per la costruzione della Chiesa Incompiuta sono state riutilizzate delle pietre, tra cui alcune con iscrizioni in latino, e circa 25 con iscrizioni in ebraico risalenti al IX secolo, che si pensa provengano dal cimitero ebraico che si trovava nei pressi del vicino anfiteatro romano, il quale a sua volta fu smantellato ed utilizzato per la sua costruzione. L’esatta posizione del cimitero è tutt’oggi sconosciuta, dato che fu probabilmente distrutto tra il X e l’XI secolo.

Esposte alle intemperie per più di mille anni, le iscrizioni non sono facili né da leggere né da trovare.
L’accademico olandese Leonard Rutgers, che le ha studiate, le ha definite come “la collezione di lapidi ebraiche dell’alto medioevo tra le più importanti” in Europa.
Ciò che rende Venosa unica sotto il punto di vista della storia ebraica, è che lì la storia della comunità ebraica può essere rintracciata durante uno dei periodi più bui nella storia d’Europa, ed uno dei più trasformativi nella storia ebraica. L’alto medioevo ha visto l’ascesa del giudaismo rabbinico, e le prove rappresentate dalle iscrizioni lasciate dalle comunità ebraica a Venosa sono fondamentali per aiutarci a comprendere quando e come questo processo abbia avuto luogo. Il fatto che le iscrizioni di Venosa siano sopravvissute è un paradosso della storia: sono sopravvissute perché riutilizzate dai costruttori della chiesa della Santa Trinità. L’edificio risale al XII secolo e non fu mai terminato.
La terza importante tappa dell’antico patrimonio culturale ebraico a Venosa è rappresentata dalla mostra di iscrizioni ebraiche ospitata all’interno del Museo Archeologico nel castello cittadino. Su questa mostra ed un’altra a questa legata abbiamo già scritto nel 2014 quando aprirono in varie sedi.
Intitolata “Ketav, Sefer, Miktav. La cultura ebraica scritta tra Basilicata e Puglia”, la mostra è stata allestita in onore del fu studioso Cesare Colafemmina, che ha speso la propria carriera professionale nella ricerca e la divulgazione del patrimonio culturale ebraico in Italia meridionale, e che ha compiuto gli scavi principali nelle catacombe ebraiche di Venosa.
La mostra include diversi esemplari di iscrizioni antiche, così come pannelli illustrativi.
Quando fu inaugurata, una dichiarazione affermava che:
Si tratta del primo progetto che prevede una mostra interregionale tra Puglia e Basilicata sulla presenza ebraica, una componente che ha contribuito profondamente alla crescita dell’identità culturale dei territori considerati nel contesto del Mediterraneo ed in relazione con la regione Europea.
Leggi un articolo del 1981 del New York Times sugli scavi archeologici (in inglese)
Leggi il nostro articolo circa la mostra sulle antiche iscrizioni (in inglese)
- Alla scoperta dei beni culturali ebraici nella Digital Library del Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea (CDEC)
- Bosnia-Erzegovina: gruppo giovanile musulmano organizza la pulizia del cimitero ebraico di Tuzla
- Convegno, Aprile 2013: “Gestire il patrimonio culturale ebraico immobile in Europa”
- Convegno, Ottobre 2017: Turismo al patrimonio culturale ebraico nell’era digitale
- Have Your Say: Salvare i cimiteri ebraici: lo dobbiamo agli assassinati
- Italia: le lapidi ebraiche di Bologna del XVI secolo
- Italia: le meravigliose sinagoghe del Piemonte e le sfide del turismo
- Italia: raro filmato dell’inaugurazione della sinagoga di Livorno, 1962
- La Lecce ebraica medioevale e il suo “non si sa di sicuro” museo
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- Riflessioni di Ruth Ellen Gruber, direttrice di Jewish Heritage Europe, a vent’anni dall’istituzione della Giornata Europea della Cultura Ebraica
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